Forma giuridica: Impresa individuale, di capitale, Società Cooperativa Dipendenti Totali 151
Di cui 4 fissi e 147 stagionali per 3 mesi circa
Superficie occupata 104 x 104 = 10816 mq
L’iniziativa ha per oggetto la costruzione di un opificio agroindustriale per la produzione di prodotti di IV gamma e realizzazione di relativa linea lavorazione – trasformazione – confezionamento in busta a grammatura variabile, secondo il target individuato. La tecnologia individuata per la produzione è l’aereoponica verticale. Questo sistema di produzione apporta al nostro progetto imprenditoriale diversi vantaggi competitivi che si traducono:
Aumento della superficie coltivabile che si sviluppa in verticale anziché in orizzontale quadruplicando nel nostro caso la superficie coltivabile
Non sfrutta terreno
Programmazione della produzione in funzione della domanda
Riduzione dei tempi vegetativi
Approccio modulare della produzione
L’opificio in asettico, tecnicamente equipaggiato, non utilizza fungicidi e di conseguenza risponde coerentemente alla domanda dei consumatori che chiedono al mercato prodotti senza pesticidi.
L’idea nasce da una attenta analisi di mercato dei prodotti alimentari da cui si evincono alcune tendenze consolidate che possono riassumersi, da un lato, nella costante riduzione della quota di spesa destinata all’alimentazione e, dall’altro, nel sostanziale cambiamento della loro composizione tipologica che premia prodotti a maggior valore aggiunto caratterizzati da un più elevato contenuto di qualità e di innovazione.
Cicli colturali anni n° 2. L’opificio a luce e temperatura controllata.
Apporto fertirrigazione aereo
ZAFFERANO
u.m
Densità mq
n
25
Superficie Bancale cadauna
mq
400
Totali Bancali (1 bancale ogni metro)
n
100
Superficie totale
mq
40000
Fiori per mq
n
125
gr. zafferano ( per Fiore)essiccato
gr
0,007
n° gr zafferano per mq essiccato
gr
0,875
Totale produzione in gr. (sei mesi)
gr
35000
Totale produzione in Kg. (sei mesi)
kg
35
Cicli anno
n
2
Totale resa anno in grammi
gr
70000
Confezioni da 0,3 gr busta
n
233333,3333
Prezzo confezione
euro
3
Prezzo confezione vasetto
euro
7
Redditività produzione a busta
euro
€ 700 000,00
Redditività produzione a vasetto in vetro
euro
€ 1 633 333,33
Resa bulbi anno (1 :5)
n°
5000000
Riutilizzo bulbi anno
n
1000000
N° bulbi in vendita
n
4000000
prezzo rivendita bulbi
euro
0,3
Ricavi da vendita Bulbi
euro
€ 1 200 000,00
Ricavi totali da vendita buste e bulbi anno
euro
€ 1 900 000,00
Ricavi totali da vendita vasetto e bulbi anno
euro
€ 2 833 333,33
Costi
Costi
u.m
p.un
quantità
totale costi
Bulbi
n
0,4
1.000.000
€ 400 000,00
NPK e oligo elementi
kg
3,2
290
€ 928,00
Energie da cogenerazione 20 KW
smc
0,3
12166,7
€ 3 650,00
totale
€ 404 578,00
Costi variabili
Buste etichettate
n
0,1
233333,33
€ 23 333,33
Vasetti
n
1,2
233333,33
€ 280 000,00
Imballaggi
n
0,8
4666,67
€ 3 733,33
Manodopera (59 ore per ogni 100 mq)
ore
8,7 euro ora
47200
€ 410 640,00
N. stagionali
n
147,5
Totali costi in busta
€ 842 284,67
Totali costi in vasetti
€ 1 098 951,33
Reddito operativo buste
€ 1 057 715,33
Reddito operativo vasetti
€ 1 734 382,00
N.B i bulbi vengono acquistati una sola volta.
Altri costi Manutenzioni euro 3000
Provvigioni 10% = 283.000 euro
Trasporti: 50.000 euro
Marketing
Ammortamenti
Interessi passivi
Imposte
Spese generali 6000 euro
Nel futuro prossimo, adeguare la strategia di marketing alla sostenibilità sarà imprescindibile; non è una moda, è il volto del nuovo marketing. Per chi sta incominciando ad adeguarsi, ecco tre consigli che puoi utilizzare per il tuo business:
1) Prenditi, come brand o come azienda, un impegno responsabile; consulta degli esperti che ti possano aiutare con questo tema. Non lo fare pensando che sia una moda o che così venderai di più, anche se poi questo potrà succedere, non deve essere la tua ragione principale perché i consumatori sanno riconoscere bene chi è autentico o chi è finto.
2) Comunicalo, ma non far sì che sia noioso; il livello del design, della pubblicità e dei social network deve sempre essere eccellente. Tutto ciò è importante come l’aspetto commerciale; cerca di riuscire a combinare tutto, come ha fatto Patagonia o Cadillac.
3) Continua a rivedere la mission della tua impresa e come si può ridefinire in base alla sostenibilità. I messaggi più potenti sono quelli che integrano la mission in tutte le comunicazioni. Fai delle aggiustamenti in base alla particolarità della tua audience e la loro percezione.
Il marketing sostenibile è un trend, non una moda e, in pochi anni, le imprese che non adatteranno la loro strategia a ciò che è green, vedranno ridurre o estinguere le loro operazioni. La sostenibilità è il domani del business, e non funziona come un’aggiunta, ma come il DNA stesso delle aziende.
Il grafene un materiale capace di condurre l’elettricità meglio del rame, trasparente come il vetro e più resistente dell’acciaio. Immaginate poi di poterlo piegare come se fosse plastica, e realizzare così schermi touchscreen da arrotolare e portarvi in tasca. Pura fantascienza? Forse no, perché gli scienziati conoscono già da anni il grafene, un “materiale delle meraviglie” con proprietà ed applicazioni in parte ancora ignote.
Una applicazione in agricoltura? Pensate all’osmosi inversa. Un esperimento di osmosi inversa è stato condotto negli Stati Uniti dai ricercatori del Massachussets Institute of Technology. “La struttura molecolare peculiare del grafene consente di creare dei fori di qualsiasi dimensione sulla sua superficie. Questo ci ha permesso di far passare l’acqua da una parte e i sali dall’altra”, hanno spiegato i ricercatori sulla rivista dell’American Chemical Society. “La dimostrazione di questo processo di osmosi inversa non è nulla di nuovo, ma erano necessari equipaggiamenti ingombranti e un alto consumo energetico. Tramite il grafene, invece, il processo di desalinizzazione si può svolgere 1000 volte più velocemente e a un costo energetico pari a zero.
Così, mentre parte della comunità scientifica sta studiando le caratteristiche del grafene, molti ricercatori in tutto il mondo sono impegnati a sviluppare tecniche di produzione innovative, come quella recentemente sviluppata alla Toyohashi University of Technology.
Un gruppo coordinato da Yuji Tanizawa è infatti riuscito ad “addomesticare” dei microorganismi raccolti in un fiume vicino al campus universitario, nella prefettura di Aichi, ed utilizzarli così per produrre i sottilissimi fogli di grafene. Il nuovo metodo, presentato sulle Conference Series del Journal of Physics, sfrutta quindi un procedimento ibrido che combina processi chimici ed agenti biologici e che potrebbe offrire un nuovo canale per produrre grafene di alta qualità, a basso costo, e nel completo rispetto dell’ambiente.
Un materiale da premio Nobel. Costituito da uno strato di atomi di carbonio collocati su una struttura a nido d’ape, il grafene è considerato uno dei materiali più promettenti del futuro. Questo materiale bidimensionale è infatti ultrasottile, flessibile, ed è circa 200 volte più resistente dell’acciaio. E’ inoltre un ottimo conduttore di calore e di elettricità, e per le sue proprietà di trasporto degli elettroni è già considerato l’erede del silicio nell’elettronica del futuro.
Ma uno degli aspetti più sorprendenti del grafene è che ce l’abbiamo sotto gli occhi praticamente quasi tutti i giorni, ogni volta che scriviamo con una matita. La grafite, di cui è fatto il cuore delle nostre matite, è infatti una sovrapposizione di strati di grafene separati da tre decimilionesimi di millimetro.
Nonostante molti studi teorici avessero iniziato a delineare le proprietà fisiche e chimiche degli strati di grafite sin dalla prima metà del Novecento, il grafene rimase per decenni lontano dai laboratori. Si riteneva infatti che la configurazione atomica del grafene fosse altamente instabile e che fosse quindi impossibile crearlo a temperatura ambiente.
Tutto cambiò nel 2004, quando un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester, guidati da Andre Geim e Konstantin Novoselov, riuscì per la prima volta ad isolare il grafene in laboratorio. Geim e Novoselov avevano infatti usato un nastro adesivo per strappare singoli piano di grafene da un substrato di grafite. La scoperta, discussa su Science nell’ottobre 2004, era così rivoluzionaria da meritare un biglietto per Stoccolma in tempi record. Dopo solo sei anni, Geim e Novoselov ricevettero il premio Nobel 2010 per la Fisica, per “i pionieristici esperimenti sul materiale bidimensionale grafene”.
Batteri mangia-grafite. La scoperta di Geim e Novoselov aprì la strada ad un nuovo settore della fisica dei materiali, su cui iniziarono a lavorare scienziati in tutto il mondo. Molti gruppi di ricerca, come quello di Tanizawa, si concentrano oggi sullo sviluppo di tecniche di produzione alternative al metodo di esfoliazione adottato da Geim e Novoselov.
Il gruppo giapponese lavora infatti sui metodi di tipo chimico, che sfruttano cioè reazioni per produrre grafene a partire dall’ossido di grafite. Questo materiale ha una struttura laminare molto simile alla comune grafite, ma dove però ad alcuni atomi di carbonio sono legati altri atomi, come ad esempio ossigeno ed idrogeno. Per produrre il grafene, si operano dei processi chimici di riduzione, nei quali cioè vengono ceduti elettroni all’ossido di grafite, in modo da spezzare i legami con l’ossigeno e ricondursi poi ai singoli piani di grafene.
Tuttavia questi processi chimici utilizzano come reagente l’idrazina, oppure si basano sul riscaldamento ad altissime temperature, due tecniche che rendono il procedimento molto costoso e persino tossico. Per questo motivo i ricercatori giapponesi hanno deciso di “chiedere aiuto” ad alcuni microorganismi capaci di operare processi di riduzione chimica.
Molti batteri, come ad esempio quelli della specie Shewanella oneidensis, ricavano infatti energia dai processi di riduzione, trasportando cioè elettroni verso l’esterno in un curioso processo di respirazione cellulare. Facendo “respirare” ai microbi l’ossido di grafite per tre giorni ad una temperatura controllata di 28 °C, i ricercatori sono così riusciti ad ottenere frammenti di grafene grandi 100 micron e di ottima qualità, in un processo non tossico e poco costoso.
Dai transistor alle reti superveloci. Produrre grafene di qualità e a costi contenuti è una priorità, soprattutto in vista delle nuove potenzialità che si scoprono giorno dopo giorno. Sicuramente le applicazioni più promettenti sono legate all’elettronica, viste le peculiari proprietà del grafene nella conduzione di corrente. Nel 2010 ad esempio, un team della IBM è riuscito a creare transistor al grafene capaci di operare a frequenze superiori a 100 GHz.
Tuttavia per fare il salto verso processori a base di grafene occorre superare un ostacolo legato alle perdite di corrente di questi transistor, che impediscono di montare troppi transistor in un singolo circuito. Un ostacolo che potrebbe presto essere superato grazie ad una nuova scoperta realizzata da Andre Geim e pubblicata a febbraio su Science.
Geim e colleghi hanno infatti sfruttato la “terza dimensione” del grafene, accoppiando diversi strati di questo materiale con vari strati di metallo, creando così transistor di nuova generazione. Le proprietà quantistiche del grafene, legate ad esempio al basso momento magnetico dei nuclei di carbonio, rendono inoltre questo materiale un ottimo candidato per creare i dispositivi di base per la spintronica, ovvero l’elettronica basata sui bit quantistici, o qubit, che dovrebbe essere alla base dei computer quantistici.
Ma le meraviglie del grafene potrebbero portarci altri regali futuri, fra cui sistemi di trasmissione digitale ancora più veloci. E’ infatti possibile alterare i livelli energetici del grafene per renderlo più o meno trasparente e creare così dei modulatori ottici, ovvero degli interruttori capaci di controllare il percorso dei segnali luminosi. I primi modulatori ottici a base di grafene, grandi pochi micron, sono stati realizzati all’Università di Berkeley e presentati per la prima volta su Nature nel maggio dell’anno scorso. Questi ‘interruttori luminosi’ saranno utilissimi nell’ottica quantistica e nella comunicazione digitale ad altissima velocità.
Come la plastica cento anni fa. Le potenziali applicazioni vanno oltre l’elettronica o l’ottica. Per esempio, la densità del grafene lo rende impermeabile ai gas, una proprietà che potrebbe essere sfruttata per creare filtri più efficienti, ad esempio nella produzione di biocarburanti. Essendo poi un materiale praticamente bidimensionale, il grafene può essere usato per costruire sensori a grande area sensibile capaci di individuare singoli atomi, e costruire così rilevatori di sostanze tossiche estremamente sofisticati.
L’accoppiata fra le proprietà elettriche e meccaniche del grafene permetterà inoltre di costruire molti dispositivi estremamente efficienti e flessibili, fra cui schermi touchscreen, batterie ad alta capacità e pannelli solari di nuova generazione. Inoltre, i fogli di grafene possono essere arrotolati in nanotubi di carbonio, che già oggi sono alla base di moltissime applicazioni nel campo delle nanotecnologie.
Ma l’aspetto forse più intrigante è che gli scienziati sono ancora lontani dalla comprensione completa delle proprietà del grafene. Fino a pochi mesi fa non si sapeva molto delle proprietà magnetiche di questo materiale, fino a quanto il gruppo di Geim è riuscito a mettere in evidenza le prime tracce di fenomeni magnetici nel grafene, come descritto in un articolo apparso a gennaio su Nature Physics. E’ sicuro che anche questa scoperta porterà a nuove interessanti applicazioni.
Nel gennaio 2013 (insieme al progetto Human Brain Project) è stato selezionato dalla Commissione europea tra i FET Flagships, i progetti faro di ricerca e sviluppo promossi dall’Unione Europea: scelti da una rosa di sei candidati, i due progetti beneficeranno di un sostegno finanziario di 1 miliardo di euro lungo dieci anni.
Il grafene è quindi ancora ricco di misteri. Le sue potenzialità sono così grandi che oggi è praticamente impossibile immaginarle tutte. A cosa servirà il grafene? Una domanda a cui nemmeno il premio Nobel Andre Geim sa ancora rispondere, come ebbe modo di dichiarare ai tempi del Nobel. “Non lo so. E’ come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po’ di tutto, penso”. Detto da un premio Nobel, non possiamo che fidarci.
Partecipa attivamente al progetto “Agriponic, promozione e diffusione della tecnica aereoponica in agricoltura” finanziato nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Tunisia 2007-2013.
Il progetto prevede la costruzione di una serra pilota aeroponica a Manouba (Tunisia) totalmente automatizzata.
Oggi i nostri ingegneri e tecnici hanno incontrato la delegazione tunisina a Ragusa (Sicilia) per definire ed approfondire gli aspetti tecnici e finanziari.
Obiettivo del progetto
Promuovere lo scambio di esperienze tra la Sicilia e la Tunisia il trasferimento di conoscenze, tecnologie innovative applicate al orticoltura, piante medicinali. – Migliorare il livello di collaborazione e scambio di informazioni tra i partner la Sicilia e la Tunisia attraverso la partecipazione dei soggetti interessati – Migliorare le conoscenze tecniche degli operatori del settore agricolo di promuovere iniziative e progetti innovativi in joint venture il settore agricolo. – Rafforzare la competitività delle regioni frontaliere attraverso lo sviluppo di servizi innovativi come i prodotti biologici, la certificazione, tracciabilità, per garantire una qualità superiore e garantire un prodotto sano cibo e competitivo. – Contribuire alla formazione delle risorse umane per fornire le competenze necessarie per la gestione e la manutenzione di “serre aeroponiche.”
La Stevia (Stevia rebaudiana B.) è una pianta dicotiledone, della famiglia delle Asteraceae (Compositae), semiperenne e originaria del Paraguay, ha un principio attivo denominato stevioside e rebaudoside A. che, dolcificando i prodotti in maniera naturale, rivoluziona il campo degli edulcoranti grazie alle sue qualità terapeutiche utili a fronteggiare malattie come il diabete. È utilizzata in bibite, alimenti dietetici e medicine, e si presenta sul mercato in foglia secca intera o trattata a differenti livelli (tritata, macinata, polverizzata): in filtrati, sciroppi, tinture, estratti liquidi o in polvere, in forma cristallizzata.
La Stevia si commercializza sotto forma di foglia secca, liquido concentrato, foglie polverizzate o polvere bianca concentrata. Il liquido e le foglie polverizzate hanno un leggero retrogusto di erba.
Il liquido concentrato di colore verde scuro è approssimativamente 70 volte più dolce dello zucchero. Si usa comunemente aggiungendolo al latte per addolcire cereali per la colazione, tè, caffè, o cioccolata.
La foglia polverizzata è circa 30 volte più dolce dello zucchero. Generalmente, in bustine da tè o sfusa, è venduta al grammo o al kilo. Si può usare da sola per fare il tè o combinandola con altro, in modo che dolcifichi e ne esalti il sapore.
Lo Stevioside sotto forma di polvere bianca concentrata è 300 volte più dolce dello zucchero. Se si tratta di di cristalli di Rebaudioside A, è 400 volte più dolce dello lo zucchero. Nonostante la Stevia non sia stata approvata come dolcificante da parte della FDA della EU, attualmente si vende in negozi erboristici di questo paese come integratore alimentare o prodotto naturale per uso personale.
Lo Stevioside, utilizzato come additivo, ha comprovate proprietà tra le quali si riscontrano la capacità di ritardare la decomposizione di bevande, di confetture di frutta e alimenti congelati, esaltandone al contempo il loro sapore. Inoltre lo Stevioside si distingue per il suo apporto nullo di calorie (Kcal), in quanto l’organismo non lo metabolizza.
Utilizzo in agricoltura
Consiste in un metodo di coltivazione nel quale si impiega l’estratto diluito della stevia (ottenuto dalle foglie e dagli steli) che viene spruzzato sulla parte aerea della coltivazione agricola al fine di stimolare il processo fotosintetico che permetterà l’aumento del tenore degli zuccheri e dunque migliorare il sapore del raccolto.
Si applica l’estratto con acqua d’irrigazione per aumentare la popolazione di microrganismi benefici del terreno o si mescolano le foglie e gli steli finemente polverizzati con il compost parzialmente fermentato per accelerare la fermentazione e stimolare l’attività dei microrganismi benefici.
Nell’allevamento di bestiame da carne e da latte, rende gli animali più sani prevenendo malattie e migliorando la qualità dei prodotti da questi ottenuti.
L’uso terapeutico della stevia è raccomandato su base scientifica (Midmore e Rank, 2002; Slow Food Huesca, 2007).
Utilizzo Umano
Diabete. Il Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo dell’Hospital University Aarhus in Danimarca, è arrivato alla conclusione che la stevia agisce stimolando le cellule beta del pancreas, in modo tale da produrre da sole insulina, e per tanto ha un importante ruolo anti-iperglicemico nelle persone affette da diabete di tipo 2 (non insulina-dipendente). Si conducono studi su i suoi effetti in diabeti di tipo 1 (insulina dipendente).
Pressione alta. La Divisione di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Medicina di taipe-Taiwan, lavorando con 106 ipertesi cinesi di ambo i sessi, di età compresa tra 1 28 e i 75 anni, ha determinato che la stevia agisce come ipertensore e cardiotonico (regolarizza la pressione e i battiti del cuore).
Obesità. Gli studi hanno determinato che la stevia aiuta nella perdita di peso in quanto non produce calorie, riduce il desiderio per alimenti grassi e dolci, giacché diminuisce i meccanismi della fame attraverso il suo effetto sull’ipotalamo che regola appunto la fame, l’appetito e la sazietà.
La medicina popolare attribuisce alla stevia, utilizzandola al suo stato naturale, vari effetti sul metabolismo umano, per esempio: ipoglicemizzante (specialmente nel trattamento di diabete di tipo 1), per il trattamento dell’ipertensione, come regolarizzante della digestione e della circolazione sanguinea, etc. Come fitoterapico è molto diffuso in Paraguay l’utilizzo della stevia in infusi e per dolcificare il mate o Ka’a y.