Nasce la pillola al pomodoro in grado di ridurre i rischi di infarto e ictus. La pillola non è niente di più di un semplice integratore che contiene licopene – sostanza ricavata dalla buccia dei pomodori – capace di prevenire i trombi che ostruiscono le arterie. Si tratta di un potentissimo antiossidante che è stato modificato in modo da essere più facilmente assorbito dal sangue al contrario di quanto avviene semplicemente mangiando pomodori. Una sola compressa contiene la stessa quantità di licopene di 3kg di pomodori maturi. Al via, dunque, con la sperimentazione di massa in molti Paesi del mondo tra i quali anche l’Italia. Se la cura a base di pillole di licopene dovesse dare i risultati sperati, sarebbe di certo una valida alternativa per quei pazienti impossibilitati ad assumere farmaci.
Vi ricordiamo che Biotek Engineering ha già in fase avanzata sviluppato un sistema di estrazione del licopene dal pomodoro. Chi fosse interessato a tale tecnologia può contattarci via email: biotekengineering@gmail.com oppure riempire il form alla sezione contatti.
Nel futuro prossimo, adeguare la strategia di marketing alla sostenibilità sarà imprescindibile; non è una moda, è il volto del nuovo marketing. Per chi sta incominciando ad adeguarsi, ecco tre consigli che puoi utilizzare per il tuo business:
1) Prenditi, come brand o come azienda, un impegno responsabile; consulta degli esperti che ti possano aiutare con questo tema. Non lo fare pensando che sia una moda o che così venderai di più, anche se poi questo potrà succedere, non deve essere la tua ragione principale perché i consumatori sanno riconoscere bene chi è autentico o chi è finto.
2) Comunicalo, ma non far sì che sia noioso; il livello del design, della pubblicità e dei social network deve sempre essere eccellente. Tutto ciò è importante come l’aspetto commerciale; cerca di riuscire a combinare tutto, come ha fatto Patagonia o Cadillac.
3) Continua a rivedere la mission della tua impresa e come si può ridefinire in base alla sostenibilità. I messaggi più potenti sono quelli che integrano la mission in tutte le comunicazioni. Fai delle aggiustamenti in base alla particolarità della tua audience e la loro percezione.
Il marketing sostenibile è un trend, non una moda e, in pochi anni, le imprese che non adatteranno la loro strategia a ciò che è green, vedranno ridurre o estinguere le loro operazioni. La sostenibilità è il domani del business, e non funziona come un’aggiunta, ma come il DNA stesso delle aziende.
Il grafene un materiale capace di condurre l’elettricità meglio del rame, trasparente come il vetro e più resistente dell’acciaio. Immaginate poi di poterlo piegare come se fosse plastica, e realizzare così schermi touchscreen da arrotolare e portarvi in tasca. Pura fantascienza? Forse no, perché gli scienziati conoscono già da anni il grafene, un “materiale delle meraviglie” con proprietà ed applicazioni in parte ancora ignote.
Una applicazione in agricoltura? Pensate all’osmosi inversa. Un esperimento di osmosi inversa è stato condotto negli Stati Uniti dai ricercatori del Massachussets Institute of Technology. “La struttura molecolare peculiare del grafene consente di creare dei fori di qualsiasi dimensione sulla sua superficie. Questo ci ha permesso di far passare l’acqua da una parte e i sali dall’altra”, hanno spiegato i ricercatori sulla rivista dell’American Chemical Society. “La dimostrazione di questo processo di osmosi inversa non è nulla di nuovo, ma erano necessari equipaggiamenti ingombranti e un alto consumo energetico. Tramite il grafene, invece, il processo di desalinizzazione si può svolgere 1000 volte più velocemente e a un costo energetico pari a zero.
Così, mentre parte della comunità scientifica sta studiando le caratteristiche del grafene, molti ricercatori in tutto il mondo sono impegnati a sviluppare tecniche di produzione innovative, come quella recentemente sviluppata alla Toyohashi University of Technology.
Un gruppo coordinato da Yuji Tanizawa è infatti riuscito ad “addomesticare” dei microorganismi raccolti in un fiume vicino al campus universitario, nella prefettura di Aichi, ed utilizzarli così per produrre i sottilissimi fogli di grafene. Il nuovo metodo, presentato sulle Conference Series del Journal of Physics, sfrutta quindi un procedimento ibrido che combina processi chimici ed agenti biologici e che potrebbe offrire un nuovo canale per produrre grafene di alta qualità, a basso costo, e nel completo rispetto dell’ambiente.
Un materiale da premio Nobel. Costituito da uno strato di atomi di carbonio collocati su una struttura a nido d’ape, il grafene è considerato uno dei materiali più promettenti del futuro. Questo materiale bidimensionale è infatti ultrasottile, flessibile, ed è circa 200 volte più resistente dell’acciaio. E’ inoltre un ottimo conduttore di calore e di elettricità, e per le sue proprietà di trasporto degli elettroni è già considerato l’erede del silicio nell’elettronica del futuro.
Ma uno degli aspetti più sorprendenti del grafene è che ce l’abbiamo sotto gli occhi praticamente quasi tutti i giorni, ogni volta che scriviamo con una matita. La grafite, di cui è fatto il cuore delle nostre matite, è infatti una sovrapposizione di strati di grafene separati da tre decimilionesimi di millimetro.
Nonostante molti studi teorici avessero iniziato a delineare le proprietà fisiche e chimiche degli strati di grafite sin dalla prima metà del Novecento, il grafene rimase per decenni lontano dai laboratori. Si riteneva infatti che la configurazione atomica del grafene fosse altamente instabile e che fosse quindi impossibile crearlo a temperatura ambiente.
Tutto cambiò nel 2004, quando un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester, guidati da Andre Geim e Konstantin Novoselov, riuscì per la prima volta ad isolare il grafene in laboratorio. Geim e Novoselov avevano infatti usato un nastro adesivo per strappare singoli piano di grafene da un substrato di grafite. La scoperta, discussa su Science nell’ottobre 2004, era così rivoluzionaria da meritare un biglietto per Stoccolma in tempi record. Dopo solo sei anni, Geim e Novoselov ricevettero il premio Nobel 2010 per la Fisica, per “i pionieristici esperimenti sul materiale bidimensionale grafene”.
Batteri mangia-grafite. La scoperta di Geim e Novoselov aprì la strada ad un nuovo settore della fisica dei materiali, su cui iniziarono a lavorare scienziati in tutto il mondo. Molti gruppi di ricerca, come quello di Tanizawa, si concentrano oggi sullo sviluppo di tecniche di produzione alternative al metodo di esfoliazione adottato da Geim e Novoselov.
Il gruppo giapponese lavora infatti sui metodi di tipo chimico, che sfruttano cioè reazioni per produrre grafene a partire dall’ossido di grafite. Questo materiale ha una struttura laminare molto simile alla comune grafite, ma dove però ad alcuni atomi di carbonio sono legati altri atomi, come ad esempio ossigeno ed idrogeno. Per produrre il grafene, si operano dei processi chimici di riduzione, nei quali cioè vengono ceduti elettroni all’ossido di grafite, in modo da spezzare i legami con l’ossigeno e ricondursi poi ai singoli piani di grafene.
Tuttavia questi processi chimici utilizzano come reagente l’idrazina, oppure si basano sul riscaldamento ad altissime temperature, due tecniche che rendono il procedimento molto costoso e persino tossico. Per questo motivo i ricercatori giapponesi hanno deciso di “chiedere aiuto” ad alcuni microorganismi capaci di operare processi di riduzione chimica.
Molti batteri, come ad esempio quelli della specie Shewanella oneidensis, ricavano infatti energia dai processi di riduzione, trasportando cioè elettroni verso l’esterno in un curioso processo di respirazione cellulare. Facendo “respirare” ai microbi l’ossido di grafite per tre giorni ad una temperatura controllata di 28 °C, i ricercatori sono così riusciti ad ottenere frammenti di grafene grandi 100 micron e di ottima qualità, in un processo non tossico e poco costoso.
Dai transistor alle reti superveloci. Produrre grafene di qualità e a costi contenuti è una priorità, soprattutto in vista delle nuove potenzialità che si scoprono giorno dopo giorno. Sicuramente le applicazioni più promettenti sono legate all’elettronica, viste le peculiari proprietà del grafene nella conduzione di corrente. Nel 2010 ad esempio, un team della IBM è riuscito a creare transistor al grafene capaci di operare a frequenze superiori a 100 GHz.
Tuttavia per fare il salto verso processori a base di grafene occorre superare un ostacolo legato alle perdite di corrente di questi transistor, che impediscono di montare troppi transistor in un singolo circuito. Un ostacolo che potrebbe presto essere superato grazie ad una nuova scoperta realizzata da Andre Geim e pubblicata a febbraio su Science.
Geim e colleghi hanno infatti sfruttato la “terza dimensione” del grafene, accoppiando diversi strati di questo materiale con vari strati di metallo, creando così transistor di nuova generazione. Le proprietà quantistiche del grafene, legate ad esempio al basso momento magnetico dei nuclei di carbonio, rendono inoltre questo materiale un ottimo candidato per creare i dispositivi di base per la spintronica, ovvero l’elettronica basata sui bit quantistici, o qubit, che dovrebbe essere alla base dei computer quantistici.
Ma le meraviglie del grafene potrebbero portarci altri regali futuri, fra cui sistemi di trasmissione digitale ancora più veloci. E’ infatti possibile alterare i livelli energetici del grafene per renderlo più o meno trasparente e creare così dei modulatori ottici, ovvero degli interruttori capaci di controllare il percorso dei segnali luminosi. I primi modulatori ottici a base di grafene, grandi pochi micron, sono stati realizzati all’Università di Berkeley e presentati per la prima volta su Nature nel maggio dell’anno scorso. Questi ‘interruttori luminosi’ saranno utilissimi nell’ottica quantistica e nella comunicazione digitale ad altissima velocità.
Come la plastica cento anni fa. Le potenziali applicazioni vanno oltre l’elettronica o l’ottica. Per esempio, la densità del grafene lo rende impermeabile ai gas, una proprietà che potrebbe essere sfruttata per creare filtri più efficienti, ad esempio nella produzione di biocarburanti. Essendo poi un materiale praticamente bidimensionale, il grafene può essere usato per costruire sensori a grande area sensibile capaci di individuare singoli atomi, e costruire così rilevatori di sostanze tossiche estremamente sofisticati.
L’accoppiata fra le proprietà elettriche e meccaniche del grafene permetterà inoltre di costruire molti dispositivi estremamente efficienti e flessibili, fra cui schermi touchscreen, batterie ad alta capacità e pannelli solari di nuova generazione. Inoltre, i fogli di grafene possono essere arrotolati in nanotubi di carbonio, che già oggi sono alla base di moltissime applicazioni nel campo delle nanotecnologie.
Ma l’aspetto forse più intrigante è che gli scienziati sono ancora lontani dalla comprensione completa delle proprietà del grafene. Fino a pochi mesi fa non si sapeva molto delle proprietà magnetiche di questo materiale, fino a quanto il gruppo di Geim è riuscito a mettere in evidenza le prime tracce di fenomeni magnetici nel grafene, come descritto in un articolo apparso a gennaio su Nature Physics. E’ sicuro che anche questa scoperta porterà a nuove interessanti applicazioni.
Nel gennaio 2013 (insieme al progetto Human Brain Project) è stato selezionato dalla Commissione europea tra i FET Flagships, i progetti faro di ricerca e sviluppo promossi dall’Unione Europea: scelti da una rosa di sei candidati, i due progetti beneficeranno di un sostegno finanziario di 1 miliardo di euro lungo dieci anni.
Il grafene è quindi ancora ricco di misteri. Le sue potenzialità sono così grandi che oggi è praticamente impossibile immaginarle tutte. A cosa servirà il grafene? Una domanda a cui nemmeno il premio Nobel Andre Geim sa ancora rispondere, come ebbe modo di dichiarare ai tempi del Nobel. “Non lo so. E’ come presentare un pezzo di plastica a un uomo di un secolo fa e chiedergli cosa ci si può fare. Un po’ di tutto, penso”. Detto da un premio Nobel, non possiamo che fidarci.
Promuovere lo sviluppo di biocarburanti di nuova generazione, per rientrare negli standard europei e per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione di lungo periodo descritti nella Strategia energetica nazionale. E’ il senso del protocollo d’intesa tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Politiche agricole, Ministero dell’Istruzione, Ministro della Coesione territoriale e il Gruppo Mossi & Ghisolfi, autorizzato oggi dal Cdm.
L’iniziativa, spiega il governo nel comunicato diffuso al termine del consiglio dei ministri, ha lo scopo di promuovere alcuni importanti progetti nel campo della chimica industriale da fonti rinnovabili, che consentiranno di produrre biocarburanti di seconda e terza generazione, senza utilizzare idrocarburi fossili come materia prima. Si spera cosi’ anche di contribuire alla crescita di un’industria ecologica nazionale, aumentando l’occupazione stabile e professionalmente qualificata e contribuendo al risanamento ambientale, alla valorizzazione sostenibile delle risorse agricole e alla riduzione delle emissioni nocive. ”L’attuazione del Protocollo, – conclude il comunicato – velocizzando i necessari procedimenti autorizzatori e favorendo la collaborazione tra amministrazioni e impresa, consentira’ lo smobilizzo di ingenti investimenti privati, italiani e internazionali”.
Biotek Engineering srl ha sviluppato un sistema integrato per la produzione di biodiesel da Jatropha Curcas.
La Jatropha Curcas è un arbusto in grado di produrre un frutto ricco di olio (140%) tradizionalmente usato come carburante per il riscaldamento e l’illuminazione nelle comunità in via di sviluppo. Ma il valore della Jatropha Curcas è attestato soprattutto come materia prima prodotta su larga scala per la produzione di biocarburanti. La Jatropha Curcas è attualmente oggetto di ricerca e di sviluppo per il suo enorme potenziale d’uso nella produzione di biodiesel per i trasporti. Uno dei principali vantaggi della Jatropha risiede nella possibilità di essere coltivata in condizioni di scarsa piovosità e siccità e soprattutto dove altre colture è pressoché impossibile farle crescere.
E’ stata approvata la graduatoria provvisoria delle domande di aiuto ammissibili “Allegato A”, inerenti al bando 2009/2011 3^ sottofase misura 121 “Ammodernamento delle aziende agricole” del PSR Sicilia 2007-2013.
Abbiamo presentato 8 progetti inerenti la IV gamma con sistema di coltivazione aeroponico verticale integrata da linea lavorazione trasformazione ed etichettamento. Gli otto progetti sono stati approvati.