Il tè verde contrasta lo stress ossidativo nei pazienti affetti da Sindrome di Down
Una molecola estratta dal tè verde contrasta lo stress ossidativo e riattiva le funzioni mitocondriali nei pazienti affetti da Sindrome di Down. È il risultato di uno studio biochimico dell’Ibbe-Cnr di Bari, pubblicato su Biochimica et Biophysica Acta-Molecular Basis of Disease, che individua nella epigallocatechina-3-gallato (Egcg), una molecola di origine naturale della famiglia dei polifenoli, una possibile arma contro alcune manifestazioni cliniche della sindrome.
Come spiegano i ricercatori, nei pazienti colpiti da questa malattia aumenta lo stress ossidativo ed è fortemente compromessa la funzionalità mitocondriale, fattori che sembrano essere tra le cause determinanti del deficit intellettivo e della neuro-degenerazione precoce associati a questa patologia.
“Trattando con Egcg cellule della pelle (fibroblasti) e del sangue (linfoblastoidi, derivati dei linfociti), ottenute da soggetti Down in diverse fasi di sviluppo”, spiega Daniela Valenti ricercatore dell’Ibbe-Cnr, “abbiamo osservato una riattivazione funzionale dei complessi respiratori mitocondriali, un incremento della produzione da parte dei mitocondri di adenosina trifosfato (Atp), cioè la principale fonte di energia cellulare, una diminuzione dei livelli di specie reattive dell’ossigeno (Ros) e un aumento del numero dei mitocondri”.
Grazie a questa ricerca, realizzata dell’Ibbe-Cnr in collaborazione l’Università di Bari, l’Università di Pisa e l’Università di Napoli Federico II, gli studiosi hanno anche scoperto che la molecola migliora notevolmente la funzionalità bioenergetica mitocondriale con un’azione selettiva su vie di segnalazione compromesse nella Sindrome di Down. “Questi risultati”, concludono i ricercatori, “costituiscono pertanto una valida piattaforma sperimentale e teorica per applicazioni cliniche e propongono l’Egcg come possibile candidato per il trattamento di questa patologia. Nel prosieguo dello studio ci proponiamo di analizzare le performance bioenergetiche su modello animale per poi passare alla fase clinica”.
fonte: Galileonet.it