Dimezzare gli sprechi di cibo per il 2020: e’ questo l’ambizioso obiettivo dell’Unione europea. Lo stesso che si e’ dato il Bundestag tedesco, mentre la Francia si e’ presa piu’ tempo, fissando la scadenza al 2025. A dare l’input a tutti e 27 gli Stati membri sara’ comunque Bruxelles, dove il commissario europeo all’ambiente, Janez Potocnik, e’ al lavoro per attuare la nuova strategia europea di uso efficiente delle risorse e bandire ogni tipo di spreco, dall’energia alle materie prime, fino agli alimenti, con relativa riduzione della produzione di rifiuti.
”Nell’Ue ci siamo dati come target quello di dimezzare lo spreco di cibo commestibile e di eliminare potenzialmente le discariche entro il 2020” ha detto il commissario Ue all’ambiente, Janez Potocnik. ”Meno sprechi alimentari – ha aggiunto Potocnik – porterebbero ad un uso piu’ efficiente dei terreni, un migliore gestione dell’oro blu, un impiego piu’ sostenibile del fosforo, con un impatto positivo sui cambiamenti climatici”. Alcune iniziative nazionali o a livello locale in Europa sono partite. ”In Francia stiamo mobilitando l’intera catena alimentare – spiega Guillaume Garot, ministro francese dell’agroalimentare – da produttori e industria, passando per la distribuzione, fino ai consumatori”. Anche nel Galles il governo e i comuni si stanno dando da fare. ”Affrontare il problema degli sprechi di cibo e’ una delle principali priorita’ per il governo del Galles – afferma John Griffiths, ministro dell’ambiente gallese – e ogni comune gallese fa una raccolta dei resti di cibo che copre nove famiglie su dieci”. Nella road map della Commissione Ue per un uso efficiente delle risorse, una produzione alimentare e un consumo sostenibile costituiscono una delle tre aree prioritarie da affrontare per realizzare uno sviluppo veramente eco-sostenibile.
Solo nell’Ue vengono sprecati 90 milioni di tonnellate di cibo l’anno e ogni cittadino ne getta nell’immondizia circa 180 kg. Gli sprechi delle famiglie sono quelli piu’ rilevanti (42% del totale), dopo la produzione (39%), la ristorazione (14%) e la vendita all’ingrosso e al dettaglio (5%).
Secondo la Commissione Ue, la filiera di alimenti e bevande negli Stati membri mangia il 28% delle risorse materiali e genera il 17% delle emissioni di gas serra dirette.
Montagne di cibo non consumato danno un grande contributo al riscaldamento globale e alla produzione di metano, un gas serra 21 volte piu’ potente della CO2.
E in questo contesto che si muove la nostra progettazione di impianti agroalimentari. Ridurre al massimo l’utilizzo di combustibili fossili, produrre quantitativi assorbibili dal mercato proponendo prodotti monoporzione che tengono conto dei fabbisogni di proteine, di vitamine, di amminoacidi, di calorie del consumatore target.
Fonte Ansa